«L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro» (art. 1 della Costituzione della Repubblica Italiana)
«Quale utilità ricava l’uomo da tutto l’affanno per cui fatica sotto il sole?» (Qoelet)
«Lo scopo del lavoro è quello di guadagnarsi il tempo libero.» (Aristotele)
«Possiamo vivere nel mondo una vita meravigliosa se sappiamo lavorare e amare, lavorare per coloro che amiamo e amare ciò per cui lavoriamo.» (Lev Tolstoj)
«Se si escludono istanti prodigiosi e singoli che il destino ci può donare, l’amare il proprio lavoro (che purtroppo è privilegio di pochi) costituisce la migliore approssimazione alla felicità sulla terra. Ma questa è una verità che non molti conoscono.» (Primo Levi)
In modo assolutamente autoreferenziale vorrei raccontare una storia che riguarda me stesso.
Durante gli studi universitari ho lavorato in un centro educativo e alcuni mesi prima della tesi ho seguito per otto settimane la comunicazione di un amministratore pubblico in un ente istituzionale.
Subito dopo la laurea mi è stata offerta un’opportunità interessante nel privato sociale nell’ambito delle risorse umane.
Entusiasmo a mille (debbo dire) e ho iniziato un percorso formativo oltre che esperienziale che all’inizio mi ha davvero soddisfatto.
Poi di punto in bianco sono sorti i problemi e ho concluso faticosamente l’esperienza quattro anni dopo rischiando moltissimo a livello psico-fisico. Ho vissuto sulla mia pelle il sentirmi inadeguato e quasi inetto, a causa di atteggiamenti “mobbizzanti” di prevaricazione.
Ero entrato in un loop di soggezione psicologica dal quale, solo grazie ad una vita al di fuori dell’ufficio soddisfacente e ricca di cose belle ed importanti sono riuscito ad uscirne senza conseguenze, se non il portarmi dentro un’esperienza di vita faticosa, a tratti dolorosa, ma che comunque mi ha lasciato competenze.
Ne sono uscito senza strascichi per me e per chi se li sarebbe meritati, ma ne sono uscito a testa alta con la mia coscienza.
Ma passare quelle sette, otto ore al giorno in isolamento e con un clima attorno ostile è un qualcosa che non auguro a nessuno.
Per fortuna questa esperienza si è chiusa e si è aperta un’importante parentesi della mia vita che dura anche adesso mentre sto scrivendo.
Fare il lavoro che si è sempre sognato è talmente bello che non sono le nove/dieci/dodici ore quotidiane che stancano, quanto spesso le persone che incontri e che ti fanno perdere tempo o che con la loro incompetenza ti costringono a dei cambi di passo o di programma.
Adesso che sono libero professionista ma felice, con le spalle più larghe ed un po’ di esperienza in più, alla soglia dei quaranta, mi guardo indietro e capisco la differenza e la fortuna che mi sento di vivere. Per questo mi sento un privilegiato e ho l’assoluta determinazione di non volere sprecare tutto.
Perché le opportunità non si sprecano.
E poter impegnarsi per qualcosa che piace è un qualcosa di unico.
Il lavoro (lo dicono le citazioni che ho riportato in apertura) è una fetta importante della nostra vita.
Poi per fortuna altre cose riempiono l’esistenza ma lavorare è un aspetto nodale.
“Il lavoro nobilita l’uomo” ed oggi lamentarsi del contrario potrebbe essere offensivo. un posto di lavoro non è scontato e una delle piaghe sociali di questo secolo è proprio il fatto che nonostante la Costituzione del nostro Paese lo citi come elemento fondativo, non tutti i cittadini ne possono assaporare il gusto.
Molto è cambiato dai giorni in cui mi svegliavo con ansia e agognavo il momento della marcatura del cartellino a fine giornata, oggi mi sveglio molto prima e ho il cervello molto spesso impegnato anche nel tempo libero, ma ne sono felice.