Definizione e concetto di “Purpose”

Il concetto di “purpose” nel marketing ha radici profonde nella strategia aziendale e un’evoluzione che ha visto contributi significativi da autori di riferimento.

Philip Kotler, nel 2010, con il suo libro “Marketing 3.0: From Products to Customers to the Human Spirit”, ha ridefinito il marketing, spostandolo verso un approccio orientato ai valori umani. Kotler ha evidenziato come le aziende debbano non solo soddisfare i bisogni funzionali dei clienti, ma anche ispirare e promuovere il benessere collettivo, integrando autenticità, sostenibilità ed etica nel proprio operato.

Questo ha gettato le basi per il concetto moderno di “purpose” come guida per le azioni aziendali.

Il termine “purpose”, tradotto come “scopo”, è stato ulteriormente sviluppato da autori come Simon Sinek e Joey Reiman. In particolare, Sinek, con il suo “Start with Why” (2009), ha enfatizzato l’importanza di comprendere il “perché” dietro ogni azienda, mentre Reiman, con “Purpose” (2013), ha esplorato il ruolo dello scopo come motore di grandi imprese.

Il purpose va oltre mission e visione aziendale: se la missione si concentra sulle attività presenti e la visione su dove l’azienda vuole arrivare, il purpose risponde alla domanda fondamentale: perché esistiamo?

Questo concetto non è solo un obiettivo strategico, ma una leva per ispirare sia i clienti che i dipendenti, generando senso di appartenenza e contribuendo a una causa più grande.

Nel marketing, il purpose mira a guidare le aziende verso una crescita sostenibile, creando un impatto positivo e differenziandosi nel mercato sempre più competitivo.

Le sfide del Purpose nel contesto attuale

Nonostante la sua rilevanza, il purpose rimane spesso sfuggente e difficile da implementare. Molte aziende, soprattutto quelle familiari, possiedono un purpose intrinseco che raramente viene formalizzato. Tuttavia, quando l’azienda si avvicina a momenti di grande trasformazione, come una quotazione in borsa o una fusione, la formalizzazione del purpose diventa cruciale.

Il cinismo dei consumatori

Un fenomeno emergente è rappresentato dai “purpose cynics” – consumatori scettici verso il coinvolgimento sociale dei brand, spesso percepito come una strategia commerciale.

Questa sfiducia è amplificata da crisi economiche, disuguaglianze e cambiamenti climatici, spingendo molte aziende a ridimensionare il proprio impegno ideologico.

Value Shifting

La crescente diffidenza dei consumatori ha dato origine al fenomeno del “value shifting”, un cambiamento strategico in cui le aziende scelgono di non esporsi apertamente su temi sociali o ideologici.

Questa tendenza spinge i brand ad adottare comunicazioni più neutrali, orientandosi verso messaggi che si concentrano su aspetti pratici e tangibili. Al cuore di questa strategia c’è la customer intelligence: l’analisi approfondita dei dati sui comportamenti e i valori dei consumatori permette di creare connessioni autentiche e di rispondere alle aspettative in modo mirato, senza rischiare alienazioni o critiche da parte di segmenti di pubblico scettici.

Siamo giunti alla fine del “Purpose”?

In alcuni casi, si parla di una “fine del purpose”, con un ritorno al business tradizionale e una diminuzione delle iniziative legate alla diversità e all’inclusione. Questo cambiamento riflette la paura di boicottaggi e polemiche sui social media, spingendo le aziende a concentrarsi nuovamente sui prodotti.

Come implementare un “Purpose” credibile nel Marketing

Un purpose efficace richiede coerenza tra le dichiarazioni aziendali e le azioni intraprese.

La customer intelligence diventa fondamentale per analizzare i comportamenti e le preferenze degli utenti, anticipando le loro esigenze e prevenendo reazioni negative.

Formalizzazione e misurazione del “Purpose”

Nonostante il 51% delle aziende riconosca l’impatto positivo del purpose sulla motivazione dei dipendenti, solo una minoranza lo ha formalizzato (32%) e misurato con indicatori specifici (17%).

Questi dati sono stati tratti da uno studio pubblicato da Harvard Business Review nel contesto di un’analisi globale sulla relazione tra scopo aziendale e performance organizzativa.

La formalizzazione consente di allineare la visione aziendale con un contributo concreto alla società, migliorando innovazione, sostenibilità e coinvolgimento.

Per implementare il purpose, le aziende devono:

  1. Formalizzarlo, traducendolo in obiettivi chiari e condivisi.
  2. Applicarlo coerentemente con il core business.
  3. Misurarlo, utilizzando dashboard per verificare il raggiungimento degli obiettivi.

Nuove dinamiche e sfide

Con il declino del gatekeeping tradizionale – il controllo dei contenuti da parte di editori, media o autorità centralizzate – la “neo-gatekeeping” si basa sull’intelligenza collettiva degli utenti. Questo significa che oggi sono le masse a determinare la diffusione e la validità delle informazioni attraverso azioni come condivisioni, commenti e valutazioni online. Tuttavia, questo modello può favorire la disinformazione e la polarizzazione, poiché non esistono più filtri istituzionali rigorosi, rendendo la credibilità dei brand ancora più complessa da costruire. Le dinamiche virali e i meccanismi di popolarità rischiano di creare disinformazione, rendendo ancora più complessa la costruzione della credibilità dei brand. La capacità di dialogare con un pubblico eterogeneo diventa quindi essenziale.

Il purpose rappresenta una guida potente per le aziende che vogliono avere un impatto positivo, ma richiede coerenza, trasparenza e una profonda comprensione del contesto socio-culturale.

Di fronte a un pubblico sempre più scettico, le aziende devono adattarsi, ridimensionare le proprie ambizioni ideologiche e puntare su strategie basate sulla customer intelligence.

Solo così potranno mantenere la loro rilevanza e costruire un legame autentico con clienti e dipendenti.

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