Non ho potuto sempre dire tutto quello che volevo, ma non ho mai scritto quello che non pensavo.
(Indro Montanelli)
Sono giornalista pubblicista dal 2014, il coronamento del sogno di una vita.
Faccio prevalentemente il mestiere di ufficio stampa e perciò vivo il mondo giornalistico da un punto di vista leggermente laterale, tuttavia ho modo di sperimentare la professione anche direttamente.
La passione per la scrittura, il racconto e la comunicazione si è trasformata in un lavoro e mi ritengo un privilegiato.
Sono orgoglioso di essere un collega di professionisti del calibro di Enzo Biagi o di Indro Montanelli, maestri molto diversi tra di loro ma che hanno scritto pagine di storia del Giornalismo.
Oggi occupandomi di sport prevalentemente ho l’occasione di conoscere un mondo molto locale e abbastanza circoscritto, con le sue regole e le sue gerarchie.
Già, le gerarchie.
Perché, a quanto pare, è molto difficile per chi ha il coraggio e la fortuna di intraprendere questa professione farsi strada in un mondo che è molto chiuso in se stesso e che spesso diventa autoreferenziale.
Ancora più difficile poter respirare l’aria di una redazione, vedere come nasce un prodotto editoriale o cercare di diventare una firma conosciuta.
Ho avuto la fortuna di imparare con l’esperienza (magari di altri) il mondo dell’informazione e di maturare quel poco di conoscenza cercando di barcamenarmi, sbagliando e imparando dai miei errori.
Non so come era “ieri”, ma quello che vedo “oggi” è che non è facile essere Giornalista, diventarlo e poi poter esercitare questa professione.
Lo vedo attraverso gli occhi di ragazzi e ragazze che ho incontrato e che avrebbero questa passione nel cuore ma che non hanno la minima idea di quello che vuol dire.
Anche io lo sto imparando giorno dopo giorno, ma è altrettanto vero che se il web ha moltiplicato le opportunità di comunicare e scrivere, le opportunità di crescita non sono aumentate proporzionalmente.
E che voler fare il giornalista ed avere una passione non vuol dire poi esserne in grado.
E’ la domanda che mi faccio quotidianamente osservando tanti colleghi che hanno uno spirito molto più critico ed acuto del mio, che faccio spesso fatica ad alimentare non essendo un cronista d’assalto alla ricerca spasmodica di news.
Mi capita però di incrociare dall’altra bravi scrittori a cui però manca il contatto con il mondo reale del lavoro e dell’ambito del giornalismo.
Ma è anche vero che il mercato del lavoro è bloccato da una generazione che ancora non è in età da pensione o se anche lo fosse non è pronta a fare spazio. Certo l’età anagrafica non corrisponde ad alcun merito, figuriamoci un demerito.
Sarebbe impensabile che questa generazione insegni il mestiere, l’umiltà e faccia fare qualche bagnetto di sana realtà a noialtri, ma con l’obiettivo di lasciarci crescere?
E se lo dico io, sulla soglia degli…anta cosa dovrebbero dire altri?